martedì 27 aprile 2010

manifesto hacker

sabato 23 gennaio 2010

Villa Pia

dicono che sono pazzo, ma fino a che lo dicono loro io sono tranquillo. l'importante, diceva sempre mio padre, è non farsi condizionare il cervello, e io questa cosa l'ho studiata e imparata in fondo. dicono che sono pazzo perchè faccio cose strane tipo passare delle intere giornata senza parlare, oppure non dormire per un paio di settimane per poi recuperare le due successive. cose di questo tipo insomma. cose che a me, a dir la verità non sembrano così strambe. vuoi mettere mio nonno? lui si che era picchiatello forte, giù a billy city ancora se lo ricordano tutti quando da giovane girava per il pase sul suo ciaetto facendo le linguagge ai forestieri. e come lui anche il fratello di mio padre, tutti, o quasi, con qualche rotella in meno.
dicono che quando mio padre disse al suo che voleva sposare mamma lui per tutta risposta gli diede un calcio sullo stinco: 'mascalzone, a metterti un'estranea in casa! ti ha dato di volta il cervello?'. Mio padre lì per lì rimase un po' perplesso. Suo padre gli stava domandando se gli dava di volta il cervello. A lui, che si era laureato a 22 anni in fisica e matematica e che a 33 era uno il più giovane accadrmico del paese. Inarcò il sopracciglio destro, poi quello sinistro, poi si massaggiò due tre volte lo stinco indolensito. il calcio del nonno, più che un'azione intenzionale con lo scopo di far male, era stato un gesto di stizza. e se poi, in questo moto diciamo così casuale, si era trovato un mezzo lo stinco di papà, poco male. eppure mio padre non lo odiava mio nonno, anche se lui diceva sempre cose stupide, anche se la gente del pase gli dava continuamente dell'imbecille. ma perchè poi continuo a parlare di mio nonno e di mio padre? mica me lo ha ordinato il medico, e se anche me lo avesse ordinano io non lo avrei fatto. non prendo ordini da nessuno io. non ne ho mai presi, neanche dal mio maestro di scuola, quello che quando facevamo i cattivi ci faceva stare a penzoloni testa in giù dalla finestra della classe, e lui a reggerci con quelle mani infelici. il maestro lorenz. che quella volta che mi trovò il giornaletto porno nello zainetto se lo sequestrò e non me lo diede più indietro. neanche alla fine dell'anno scolastico. maestro lorenz era con i capelli tipo claun che si allargavano sui lati e calvo sopra. il colore era indefinito tra il rossiccio ed il marrone. maestro lorenz. una volta lo vidi palpeggiare la bidella tra le macchinette delle merendine, proprio in mezzo tra quella delle bibite e l'altra con gli snack. saranno state le 12,55. sapete, si tratta di uno dei momenti dove c'è maggior silenzio a meno 5 dalla campana. alcuni maestri, pregustandosi la sensazione di levarsi dalle scatole i loro scolari, li fanno stare in silenzio, ' bambini, iniziate a prepararvi ma senza fare rumore, e quando avevte finito le mani incroociate sul tavolo, e sopra il mento'. altre maestre invece concedono gli ultimi 45 minuti di lezione per iniziare a fare i compiti per casa, che poi se sei bravo in mezz'ora hai già finito tutto e puoi iniziare a giocare a battaglia navale con il tuo compagno di banco. il mio compagno di però, tale alessio seccutelli, era proprio una schiappa e all'una meno cinque a me scappava da morire e chiesi il permesso alla maestra. quando trovai lorenz avvinghiato come una piovra a melissa non capivo bene cosa stesse succedendo, se lei fosse o meno conseziente e se si divertisse. passai guardondoli fissi negli occhi. anche loro mi guardarono fissi. sembravamo tre gatti che si studiano prima di fare la battaglia, oppure come in quei manga giapponesi quando i personaggi si guardano con fare cinico - interrogativo. fatto sta che me ne andai al cesso pensando al mio giornaletto ancora nelle mani di quel porco. e a cosa ci trovasse di interessante la bidella in uno con la testa da pagliaccio che mette i bambini a dondolare dalla finestra.
ma adesso c'è un motivo per cui vi parlo della scuola e di quando ero piccolo. è perchè da quando sto qui dentro mi pare di essere regredito. questo grembiule verde con i bottoni di dietro poi lo odio, per noi parlare di quello che non lascia libere le braccia. me lo mettono quando dicono che sono cattivo. ma io non sono cattivo. da piccolo si, ma ora no. prima, quando levavo la sedia da sotto il sedere dei grandi quando si sedevano, allora ero cattivo. ma ora no. che poi mi ricordo di quando feci questo scherzo a gnometto, dovrò aver avuto circa 4 anni. gli tolsi la sedia da sotto il sedere proprio mentre le sue terga erano li li per toccare il legno robusto e lui andò giu lungo. che ridere. ma se questo vuol dire essere cattivi, o essere matti ditemi voi. io non credo di essere nessuno dei due. e a dire il vero non credo neanche tutti tutti i miei colleghi di corso qui lo siano. certo qualcuno si, per forzaa. ma non tutti. per esempio indiano mi sembra una persona equilibratae gentile. quella volta che passai un mese senza parlare lui fu l'unico a provare un approccio sensato. sapeva che non avrei parlato e rimaneva in silenzio. e così anche io. e così passavamo questi stupendi pomeriggi in giardino senza dire una parola, sotto il tiepido sole di aprile. poi però i medici di qui hanno capito che li stavo prendendo in giro ed hanno iniziato con le scariche di corrente, con degli strani canestri che ti mettono in testa. un male cane. e allora alla seconda seduta ho deciso che era il caso di tornare a parlare. ma poi non ho più passato quegli stupendi pomeriggi con indiano. ho iniziato allora a fare qualcosa di più divertente, nascondermi dietro i muri, in procinto degli angoli, e fare bhù! alle persone che passano. 1 mese di isolamento. avevo fatto bhù! alla moglie del direttore del centro, che se si era messa a piangere e poi in ginocchio a chiamare mamma.
adesso dico, palrando seriamente, voi pensate che una povera persona solo perchè fa bhù alla moglie del direttore meriti di essere messa un mese in isolamento? bhè, io credo di no. io credo che un mese di isolamento, ma che dico, 2 anni di isolamento, dovrebbero darli al direttore per aver sposato una matta. ecco, si. due anni. non un giorno di meno. neanche un secondo. un millesimo di secondo. sapete, io sono fissato con la precisione. una volta mio figlio aveva messo alcuni miei libri fuori posto, e non era la prima volta. allora presi rocky, il suo bel gatto nero che ormai pesava sui 12 chili, e gli accorciai i baffi con le forbici. bastarono due tagli. zac zac! lui non sembrò aver capito bene cosa era successo e scese giù da me con un balzo leggero, ma l'arrivo a terra fu un po scomposto. e quando il gatto fu solido sulle sue zampe si voltò verso di me con aria dubbiosa.
sono matto. si, forse sono matto. no, non sono matto, loro sono i matti. Ma io qui dentro non ci voglio più stare. voglio organizzare la fuga con qualcuno. Si ma con chi? bella domanda. magari camilla. Oppure jucas. oppure con l'indiano. insomma dai, tranquillo che poi qualcuno trovo. fosse anche la moglie del direttore anzi, a dire il vero sarebbe la persona migliore, la più indicata. si, magari le dico che suo marito, dato che durante queste ultimi mesi sono stato bravo, mi concede di andare fuori per sbrigare delle semplici commissioni, come pagare alcune bollette. una cosa rapida che però mi farà riprendere contatto con il mondo là fuori. una cosa da niente. una cosa da niente. lei, gia mezza tonta di suo, non faticherà a credere a tutta la storiella ed io, finalmente sarò fuori. senza più medicine, fogli di carta da disegnare, senza piu docce collettive niente, niente di niente. sono fuori, fuori da villa pia.