sabato 7 giugno 2008

Arrakis School

Da qualche mese ormai lavoro in questa feccia di scuola, coi muri di gomma dura sporchi di pedate e i soffitti altissimi. Un tempo non era una scuola, ma una stupefacente fabbrica siderurgica della periferia di Arrakis, che poi col tempo è stata inglobata nella metropoli, ennesima città nella città, ennesima zona industriale riqualificata prima in tempio del divertimento di stampo neopagano, poi in area semiresidenziale per pendolari scalatori di piramidi sociali, e ora in un vago e intricato indistinto, dove il ceto medio è sempre più basso e alienato ed il ceto basso è ridotto a pura merce di scambio immateriale.
Oggi che la sussistenza materiale, intesa come vitto e alloggio di basso profilo, è garantita a tutti grazie soprattutto all'indipenza dai composti fossili e da quelli che un tempo erano i cibi naturali, il business si fa sempre più sui consumi immateriali. Prima questa roba per me pane quotidiano e vedevo e ogni neurone eccitato era un centesimo di dollaro in piu che andava a fare budget. Ora vedo solo specie micro branchi di cervelli semi auotmatici persi in qualche trip strano.
-Ehi amico, mi fa il bidello rastone mentre passo davanti al suo cesso maleodorante. Fatti un tiro, è di quella buona!
Erba, negli ultimi 2 tre anni ero andato avanti a coca e anfetamine e mi ero scordato il sapore robusto di una bella bomba. Sempre a 3000 davanti a numeri matrici e telefonate paracule. Ma ora stavo fumando erba..Una bella bomba, la pace dei sensi, si rilassano i muscoli del collo e delle spalle, in bocca un retrogusto leggermente amaro, l'indice e il medio con cui la tieni che si fanno umide..e comincio a sorridere.
- Man, ma da quant'è che non fumi? solo i colletti bianchi della city non si fanno d'erba.. e agiudicare da come vesti non mi pari proprio uno di loro. Tieni, e fmi mette un sacchetto in tasca. Fatti qualche bomba alla mia salute questa sera, offre la casa.

Torno in classe col sorriso stampato in faccia e gli occhi rossi. James mi tana subito: - Raga, il prof si è fatto una canna, guardate che faccia da scemo!! nhahahhaha
- Scemo ma lucido, rispondo sorridendo, vieni alla catttedra, se ricordo bene mi pare che per oggi c'èra da studiare i fondamenti dell'ipnosi moderna, capitolo 5 pagine 510-547. Vediamo cosa hai capito.
Il ragazzo sbianca e si presenta alla cattedra, non vola una mosca. La situazione è intesita perchè tutti temono di essere interrogati, se non avessi fumato sarei intesito anche io, invece me la rido e penso a come giocarmi questa situazione.
- Come puoi vedere james i tuoi compagni si sono fermati e hai 46 occhi puntati su di te, l'unica voce che puoi sentire è la mia...e forse ti starai domandando perchè proprio te..perchè proprio a me?? perchè non ho tenuto chiusa quella maledetta boccaccia? E mentre ti rendi conto che non sei in grado di trovare una valida risposta percepisci la pressione dei tui incisivi sul labbro inferiore.. e la tensione del tuo quadricipite destro...ma non c'è nulla che ora devi temere, anche se rimani così, rigido come sei, con la tua memoria puoi retrocedere alla scorsa settimana, a quando ho spiegato l'importanza del rapport nel processo ipnotico e le basilari tecniche di induzione..ora ti domanderai se effettivamente ti trovi in stato di trance e vorresti dirmi che sei in grado di ripetermi tutta la mia spiegazione fino all'ipermnesia..fino a quando....DRIIIIIINNNNN......non ha suonato la campanella.
Prima di finire di pronunciare la parola campanella alzo bruscamente il braccio, intimando alla classe di non muoversi di un millimetro.
-James, non serve che tu mi ripeta nulla. 6-.Puoi tornare a posto. Per la prossima settimana studierete i 3 paragrafi successivi relativi alle tecniche di induzione complesse e al valore dei comandi negativi.
Potete andare.

Quando sono tutti usciti mi riappizzo quel mozzicone di canna e allungo i piedi sulla scrivania. Entra Mary, la prof di Java 5:- Jucas, e da quando in qua ti fai le canne?
- Da quanto è che non me le facevo! rispondo io. Che fai stasera? mi fa lei, passi da me a vedere un paio di sismstim?
Certo, le rispondo.
Mica male la vita del prof

Bookmark and Share

giovedì 5 giugno 2008

ombre rosse: fuochi d'artificio

Due puntini rossi si inseguivano su d’una tela nera. Poi i due puntini crebbero e crebbero fino ad occupare quasi tutto lo schermo. Quindi uno dei due inglobò l’altro ed io vi precipitai dentro. Il fischio stridulo d’un modem iniziò a ripetere indefinitamente la sua sequenza di modulazione, mentre un fiume di sangue caldo mi trasportava avvolgendomi nella sua corrente. Una progressione di numeri multipli di otto prese a succedersi in un angolo della mia mente. Cercai di muovermi, di allungare un braccio, e mi accorsi di non avere nessun braccio, ne gambe, ne nulla. Ero solo una scarica di energia cosciente. Un infinitesimo io, in relazione variabile con l’ambiente fluidiforme. Volevo gridare ma riusci soltanto a produrre una debole anomalia nel fluire dei dati. Poi caddi, precipitai in una cascata di variabili, in un nodo di collegamento, e mi ritrovai a galleggiare in un mare di stelle luminose. Riuscivo a sentire frammenti di comunicazione in tutte le lingue del mondo, vedevo pulsare intorno a me punti di varia grandezza, che si avvicinavano e allontanavano lasciando strisce di bava sulla superficie calma di questo cielo rosso sangue. Cercai nuovamente di muovermi ma qualcosa teneva legata la mia coscienza, la mia volontà era imprigionata in un muro di fuoco, in una rete logica. Un constante ritmico pulsare prese a sovrapporsi ai fischi ed alle voci. Una finestra si spalancò davanti a me, poi si richiuse. Altre finestre si aprirono e si chiusero asincronicamente sulla superficie infinita di pareti verticali. Da una di queste si affacciò il sorriso sornione di Backus, salutando con la manina. Mi sentii scivolare verso il basso, come una goccia di pioggia su di un vetro, come una lumaca su di una foglia che strisciando lascia una sottile stella filante di luce.



Spalancai gli occhi. Non riuscivo a distinguere nulla, e nel buio attorno a me sentivo il calore d’un fuoco troppo vicino. Nel vuoto silenzio, l’unica presenza era il forte battere del mio cuore che sembrava volesse uscirmi dal petto. Improvvisamente mi si spalancarono i polmoni, ed un violento attacco di tosse mi fece piegare di lato. Sputai sangue, bile ed alcool, e ritrovai la luce. Ero circondato da fumo e fiamme. Mi tirai su con fatica, appoggiandomi sui gomiti. La mia sputapiombo era gettata i miei piedi. Pile di cartoni ed ammassi di rifiuti bruciavano producendo un intenso fumo nero, le fiamme già avevano raggiunto le pareti e correvano verso il soffitto. Sputai ancora un po’ di bile in terra e mi alzai in piedi. La testa girava, ma le gambe sembravano reggere bene il peso del resto del corpo. Mi toccai dietro la nuca ed un acuto dolore quasi mi fece perdere nuovamente i sensi. Rimasi alcuni secondi ad occhi chiusi, a riprendere coraggio e forza. Poi mi strappai un lembo di camicia e me la legai intorno alla bocca. Mi guardai intorno. Ero nello stesso posto. Mi aveva dato una gran botta in testa e mi avevano lasciato lì. Rovistai nelle mie tasche in cerca delle chiavi e del portafogli, quindi rincuorato dalla loro presenza mi chinai a raccogliere la pistola. Un nuovo fitto dolore mi fece cantare un’avemaria.

Dovevo trovare Bacus, e portare entrambe le nostre pellacce fuori di lì. E dovevo farlo alla svelta. Aggirai un mucchio di plastica in fiamme, cercando di trattenere il respiro.

Il chiarore dell’incendio rendeva difficile distinguere i contorni delle cose e confondeva la mia percezione dello spazio. Le lenti ad infrarosso davano una lettura alterata. Sparai un paio di colpi in aria tanto per mettere le cose in chiaro, ma sospettavo di stare sprecando proiettili e tempo.

Scorsi una sagoma in terra, mi avvicinai. Le fiamme avevano parzialmente bruciato i vestiti ed i capelli di questo povero cristo, e tra le croste di sangue rappreso del volto spuntava la sottile lama bianca dello strano sorriso del giovane programmatore. Mi tolsi la giacca per spegnere il fuoco troppo vicino e presi quella testa tra le mani. Lo chiamai più volte per nome, cercai di scuoterlo, ma non ottenni nessuna risposta. Eppure respirava ancora. Nei suoi occhi aperti brillava ancora un remoto barlume di vita. Gli diedi un paio di schiaffi, ma niente, nulla sembrava potere cancellare quel ghigno ridicolo da quella faccia pista. Lo sollevai e notai dal riflesso argenteo del cavo che era ancora connesso. Il serpente gli entrava nel cervello da una presa neurale all’altezza dell’ultima vertebra sul collo. Staccai il cavo e mi caricai il ragazzo sulle spalle.



Uscii all’aperto da una porta di sicurezza. Mi allontanai rapido dall’edificio quel tanto che bastava a metterci al riparo, e scaricai in terra Bacus. Il tetto del centro commerciale o quello che era crollò di schiando producendo un esplosione di scintille e fumo. Fuochi d’artificio che filtravano attraverso le lenti dei miei occhi come missili sparati nel buio. Tastai il polso del giovane ma niente battiti. Avvicinai l’orecchio alla sua bocca, ma nulla, nessun suono. Aveva gli occhi ancora aperti, ma non c’era più luce e non c’era più vita. Ancora sorrideva il bastardo.

Mi sedetti in terra accanto al corpo, e rimasi ad ammirare lo spettacolo delle fiamme sempre più alte. Frugai tra le tasche della giacca e tirai fuori il pacchetto sigarette. Sfortunatamente avevo perso l’accendino. Me ne restai lì. A chiacchierare col mio nuovo amico.

-“ Allora, mi racconti cosa ti è successo? Hai deciso di tagliare la corda anche tu, vero? E cosa speri di trovare? Piccolo stronzo!” – , mi tirai su, mi stazzonai i vestiti e trascinai il cadavere fino alla macchina. Avevamo ancora un viaggetto da fare insieme, anche se in città non c’era nessuno ad aspettarci.

domenica 1 giugno 2008

RASTA BLASTA-senza ganja my friend

I RAGAZZINI MI AVEVANO PORTATO ATTRAVERSO LE FOGNE FINO UN PUNTO IN CUI POTESSIMO RIPOSARE, I MILITARI CI STAVANO DIETRO, DOPO QUEL CASINO NEL MARKET, DOVEVAMO TROVARE UNA SOLUZIONE, ANZI IO AVREI DOVUTO TROVARLA, NON POTEVO CERTO ASPETTARMI CHE DUE RAGAZZINI MOLLACCIOSI POTESSERO AIUTARMI AD USCIRE DA QUESTA VALANGA DI MERDA.
QUALCOSA MI AVEVA PUNTO NEL MARKET, MI AVEVA FATTO SVENIRE, E ORA MI FACEVA INFEZZIONE, SENTIVO LA CARNE INTORNO BRUCIARE, ma NON VOLEVO ALLERTARE I MOCCIOSI, AVREI TROVATO UNA SOLUZIONE da solo E PRESTO. MA POI IL VUOTO.

MI RISVEGLIAI DENTRO UNA STANZA, ARREDATA COME QUELLE DELLE PUBBLICITà, NELL'ARIA C'èRA ANCHE UN BUON ODORE, VICINO A ME I RAGAZZINI SORRIDEVANO, PROBABILMENTE ERO MORTO.
POI MI RISVEGLIo SUL SERIO, LA GAMBA MI FA MALISSIMO, HO LA febbre, tremo e sudo,il robot sembra una marionetta senza fili, e laria sà di merda piu che mai.

non posso camminare, chiuso qui dentro farò la fine del topo, come mi sarei dovuto aspettare all'inizio di questa storia, non va piu bene un cazzo al vecchio rasta, sopratutto senza la sua amata ganja. svengo ancora.

mi risveglio e vedo i ragazzini tremare, i militari ci hanno trovato, e la fine per tutti, in fondo al tunnel vedo le luci cercarci, ci trovano, siamo fritti.

i ragazzini torneranno a casa, con tutta probabiltà si prenderanno uno schiaffo e una settimana chiusi in casa per punizione, al povero vecchio rasta, nero, povero e vecchio, probabilmente lo fucileranno direttamente sul posto.

i militari sono in assetto da guerra supersonica, hanno i laser e tutto quanto il necessario per farci fuori alla svelta, li sento scambiarsi le cordinate del mio cuore, del mio stupido cervello da negro, niente piu ganja my friend, niente piu pussy love amigo, addio stupido rasta, i proiettili sono piu forti delle tue manacce vecchie, addio stupido barbone, dice uno dei militari, puntandomi un bazooka sulla tempia.

quando mi riprendo, sono fra le braccia di ecatombe, tutto zuppo di sangue, sta correndo con me e i ragazzini fuori dalla città, lontano della bidonville, sulla strada che porta a sud, nelle terre libere, dove vivevano i miei nonni un tempo, verso la costa, il mare.
guardo il robot, che mi tiene come un pargoletto fra le sue possenti braccia, lo guardo curioso di capire chi lo sta pilotando, quale forza si è risvegliata in lui, perche mi ha salvato la vita per due volte, facendomi uscire da una situazione disperata,guardo la scia di morti che si lascia alle spalle, la precisione delle sue mosse, sembra avere un piano preciso, e mentre continuo a farmi domande e fissandolo dritto in quel suo occhio vuoto, vedo una luce gialla accendersi, la sua testa sproporzionata, voltarsi verso di me dicendo, "gnam gnam"

ed io "hai fame? non dirlo a me, senza ganja my friend"